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Diario 11 giugno 2015

A volte mi domando come sarebbe andata, solo per logica conseguenza vorrei saperlo.

Come sarebbe stato se quel giorno non fossi stato li a quella festa di fine anno, non fosse stato così tanto freddo da trovarmi a pisciare sulla serratura dell’auto per aprirla. Magari potevo non essere alticcio ed evitare così di scivolare, a fatica poi in auto ti avrei portato a casa. La prima di tante altre volte. Non sarei stato curioso se alle tre di notte al rientro non mi fossi fermato al mio bar, aperto solo per gli amici, non avessi partecipato a quella seduta spiritica dove mio nonno mi diceva qualche cosa sul mio futuro. Sicuramente non mi avrebbero steso tra due sedie, mentre con il vuoto sotto qualcuno mi saliva sopra, non sentivo dolore, semplicemente ero distante e non percepito rumori. Avrei scelto altre compagnie e altrettante storie. Cazzo qui ve ne erano tante e a loro modo abbastanza pesanti; al punto che la maggior parte di loro per scelte sbagliate avevano imboccato vie senza ritorno…

Allora la mia vita è stata solo piena di fortuna o frutto di intelligenza a non spingersi oltre. Ricordo ancora che in quella ala dove entravo, mi invadeva quell’odore di cipresso, quasi nauseante. Uguale come tutti quei posti. Entrando svoltavo a sinistra e li quelle foto: volti giovani, belli, ragazzi e ragazze, colpevoli di aver azzardato troppo. Sembravano li come in fila a aspettare l’ingresso in quelle discoteche dove ci trovavamo sempre. Quante volte, quante risate intorno a quei tavolini con coca rum e sigarette. Per Natale mi avevano regalato un giubbotto di pelle aveva quindici giorni, color beige scuro, puzzava ancora di pelle nuova. Maldestramente persi il tagliando di plastica per il ritiro in discoteca e lo ricordo come oggi, quella sera tarda a fare l’autostop in camicia con la pelle gelata e i brividi addosso. Noi eravamo così; sfidavamo tutto e tutti. Quella sera ci eravamo divisi per il passaggio in macchina, chi ti caricava era sempre qualcuno che conoscevi. In quei giri giravano canne, droga e alcool e le ragazze per una canna si facevano toccare il culo, le tette o addirittura rimediavi scopate furtive. Quella sera mi caricava una mia amica talmente fatta da non riuscire a guidare. Per strada nessun controllo, solo buio e musica a palla. Non riusciva a tenere il volante e decidemmo di accostare per smaltire. Quante ore passarono, forse due ma ci svegliammo sentendo frastuono intorno, scendendo dall’auto riconoscemmo alcune persone dentro e intorno solo lampeggianti. Tutto a cento metri da noi. Ci avvicinammo ancora, ma loro non erano più li con la testa, ubriachi e distrutti contro quel muro di recinzione non respiravano. Quante cose e quanti ricordi, solo fortuna di non esserci fermati cento metri più avanti o di non aver preso il passaggio successivo.

Si hanno troppi ricordi e il desiderio di non buttare via le vite. Perché questo è solo un episodio, e ne citerò altri. Farò leggere a mio figlio ogni cosa, perché allora come oggi ci vuole anche fortuna.

Dedicato alla vita. Franco

Pubblicato da serenonotturno

Franco Pancaldi nasce e dimora nella provincia modenese dal 1962. Ricca di storia e nota per il saper vivere, ne assorbe i modi e cresce trasmettendo a coloro, che sono a lui vicino, il gusto di cogliere nella semplicità la bellezza insita in essa. Cultore della conoscenza del giusto, riesce attraverso un senso d'innata e spiccata attitudine, a svolgere mansioni manuali con estrema facilità. Lui stesso si definisce “un’anima libera” e continua a esserlo nelle sue diverse espressioni quotidiane di vita, allontanando e fuggendo quell’ombra che solo l’abitudine può dare. Sempre pronto a intraprendere nuove sfide si realizza attraverso un crescente bisogno di crescita personale. Il suo leitmotiv: “Conosco i miei limiti ma non me li pongo”.