Quel giorno di febbraio

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Diario
Quel giorno di Febbraio
Gli corse dietro per tutte le stanze mentre lui scappava quel pomeriggio di febbraio del 1972. C’era tanto freddo, non nevicava anche se il cielo aveva il colore della neve. Il caldo dell’appartamento della nonna, contrastava col gelo fuori, ma non poteva rinunciare ai carri mascherati. Aveva appuntamento con gli amici di nascosto dai suoi, la nonna probabilmente ignara lui avesse dei compiti gli aveva dato il permesso. Il costume era appoggiato sino dalla mattina in camera del nonno. Ognuno aveva la sua stanza una per il nonno e una per la nonna. Facevano tenerezza benché condividessero lo stesso appartamento erano dieci anni e più che non si parlavano, non litigavano, si incrociavano solo con gli occhi. Lui corporatura robusta piccoletto e con i capelli sottili sottili bianchi e arruffati, quando tornava dal negozio la prima cosa che faceva si metteva a sedere nella sedia di vimini, il cuscino sotto il sedere e la gamba destra appoggiata allo sgabello anch’esso di vimini chiaro. Lui era reduce di guerra al fronte e la ferita all’arto se l’era procurata proprio li, simpatico a tutti “Il nonno dalla gamba dritta” veniva soprannominato. Aveva sempre le sue tappe, anche perché gli ci voleva del tempo da casa sua al negozio, quasi un chilometro e con quella gamba faticava non poco. Un cappello in testa, quelli di feltro, che con maestria e educazione toglieva sempre prima di entrare in quel caffè.
La nonna era chiamata il maresciallo, a dire il vero avevano ragione i parenti, unica donna di dieci fratelli, li metteva in riga tutti quanti: pulizie, compere, aveva gusti molto raffinati, prediligeva il meglio di ogni cosa comprasse. I suoi fratelli non erano in casa con lei, ma lei era sempre in casa da loro. Non esisteva telefono, esisteva lei e la sua bicicletta, era come un postino al fronte, solo che anziché recapitare lettere, portava sempre delle grosse sgridate ai loro fratelli, in pochi erano sposati, chi aveva scelto di vivere con un fratello, chi la strada della chiesa e si era fatto frate, chi aveva preso ahimé la via del matrimonio. Col senno di poi era meglio la chiesa.
Casa sua era un porto di mare, i vicini volevano bene a tutti e due, lei con le ricette Venete portava allegria mentre le spiegava: “Le masanete” praticamente dei granchi dal guscio arancione, una favola condite con l’olio, l’aglio e il prezzemolo. Oppure il minestrone di fagioli che se avanzava la sera si mescolava insieme al radicchio rosso di Chioggia. Quello era il mese di febbraio e preparava sempre “I crostoli” di carnevale, strisce di pasta dolce tirata a mano, con tutti i bordi frastagliati e un taglio in mezzo, li metteva a friggere e li cospargeva con lo zucchero finché erano caldi. Anche quel giorno li aveva preparati. ma lui aveva fretta di uscire e li avrebbe mangiati al rientro. Andò in camera del nonno prese euforicamente il suo costume da pellerossa comprato dai genitori giorni prima, quello di pannolenci con tutti gli accessori, scarponi e maglione grosso sotto. Salutò la nonna, dicendo che sarebbe passato dal nonno a trovarlo tanto era in quella strada. Uscì e passò in centro nel negozio del nonno, poi con i suoi amici si diresse con il pulmino al vicino paese dove c’erano i carri. Una volta i carri mascherati erano forse meno costosi di ora, ma chi stava sopra lanciava più cose: fette di mortadella, panini, wurstel, salatini, pupazzi e palloni.
I suoi amici si erano vestiti tutti sia da indiani che da cowboy, c’era proprio un carro di quel genere e loro quattro furono chiamati dagli organizzatori su con loro a festeggiare. L’euforia e l’eccitazione erano alle stelle, loro che avevano sempre visto il carnevale da terra, ora erano parte attiva e lanciavano anche loro i regali alle persone che stavano sotto. tutto questo fino alle sei di sera, poi stanco, sudaticcio salì con i suoi amici e rincasò per le sette.
Salito lo aspettava la nonna con “i crostoli.”
Poco dopo suonò qualcuno, era il padre che con tono minaccioso e lui ancora vestito e sporco, gli chiese se aveva fatto tutti i compiti per il giorno dopo.
Silenzio
Gli sguardi si intrecciavano: figlio, padre e nonna, lui ammise di no, che non li aveva ancora fatti, suo padre s’infuriò talmente tanto che per la prima e unica volta decise di dargli una lezione pesante, correndogli dietro gli lascio andare una botta nel culo a mano aperta che lo fece sobbalzare di due metri, mentre la nonna, proprio perché lo vedeva terrorizzato cerco di mettersi in mezzo. Le parole furono esaustive, non esci di casa per una settimana e ora vai di la e fai i compiti.
Poi uscì
Passò tutta la sera fino alle nove e mezzo tra il ricordo del pomeriggio passato e l’odore dei “crostoli” che ogni tanto la nonna gli allungava come si fa nelle carceri.
Franco

Sereno notturno

Pubblicato da serenonotturno

Franco Pancaldi nasce e dimora nella provincia modenese dal 1962. Ricca di storia e nota per il saper vivere, ne assorbe i modi e cresce trasmettendo a coloro, che sono a lui vicino, il gusto di cogliere nella semplicità la bellezza insita in essa. Cultore della conoscenza del giusto, riesce attraverso un senso d'innata e spiccata attitudine, a svolgere mansioni manuali con estrema facilità. Lui stesso si definisce “un’anima libera” e continua a esserlo nelle sue diverse espressioni quotidiane di vita, allontanando e fuggendo quell’ombra che solo l’abitudine può dare. Sempre pronto a intraprendere nuove sfide si realizza attraverso un crescente bisogno di crescita personale. Il suo leitmotiv: “Conosco i miei limiti ma non me li pongo”.