Henry Chinaski

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Henry Chinaski
Stanco sudato e tramortito con addosso l’umida canottiera che dava odore di lezzo, sbavata e lurida dai rivoli di saliva che gli scendevano dagli angoli della bocca. Rimasto così, con i pantaloni abbassati, quasi al ginocchio e quelle luride mutande gialle che sapevano di piscio raffermo, in una mano un bicchiere appiccicoso e vuoto, dall’altra la bottiglia che toccava il pavimento sporco, macchiato e opaco, forse così da alcuni anni, viveva in quella squallida casa della Pennsylvania, sapeva di essere un alcolizzato puttaniere. Quelle donne squallide, sembravano felici di questo suo stato, fottevano abbandonandosi e sprofondando in quel bassissimo e umido divano ancora intriso dalla scopata precedente, ma a lui che cazzo gliene fotteva in fondo. Quella era la sua vita, quelle le sue regole. Perennemente in lite col figlio del vicino che urlava a squarciagola di non volerlo come vicino:

«Maiale mi stai discriminando, lurido pezzente figlio della società»

Quella stanza aveva più le sembianze della discarica che di una vera abitazione, non sapeva nemmeno, se i quadri sghembi, mentre li guardava fossero stati messi sempre così, adattati al passare del tempo o fosse solo la sua vista appannata dai fumi di whisky. Aspettava lei, insonnolito e sdraiato stile bradipo con la barba dello stesso colore della nicotina schifosa, il fumo e l’alcool erano di casa sin dall’età di tredici anni. Che lei arrivasse o no a lui non cambiava molto, forse sarebbe stata una chiavata persa e quella sua sborra l’avrebbe tenuta per quella che veniva dopo.
Suonò puntuale al campanello, ma la porta come sempre era aperta, nessun lucchetto, chiave o altro, chi poteva mai mettere piede li dentro, nemmeno uno di quei tanti mendicanti che ogni tanto incontrava ai bordi della metropolitana.
Girò la testa in direzione della porta, a fatica ci riuscì ancora appiccicata dal sudore al divano, e con un tono tranquillo esclamò:

«Versati da bere, il bicchiere deve essere li da qualche parte, se non lo trovi ti lascio questo»

La faccia schifata di Lauren alla sola vista del bicchiere, le fece avere un fremito, appoggiò la borsetta sul tavolinetto ai piedi del divano e lo guardò, mentre lui sbuffando:

« Sei ancora vestita!»

Lei non poteva amarlo, era una semplice puttana, in fondo però trovava qualcosa di particolare in lui, cose che si dicevano prima e dopo aver scopato, nonostante quel carattere burbero e dispotico, lei era sempre li, quasi lo cercava.
In fondo lei era una baldracca e come confrontarsi con lui era l’ultimo dei suoi problemi. Svelta gli era arrivata quasi attaccato alla barba con la sua fica pelosa e quell’odore acre e forte che si mescolava tra la lingua di lui e le labbra della fica di lei, spingeva con maggior vigore contro la sua bocca, poi di colpo lui la fece scendere e lei cominciò a cavalcare forsennatamente, senza sosta, con quel poco fiato che lui aveva dai residui dell’alcool e ancora con la sigaretta sulla mano destra, le intimò:

«vai, cavalca lurida cagna»

Il 22 Luglio 1944 piena seconda guerra mondiale

Era quasi giunto il momento di godere, il sudore gli imperlava il volto e lei con il seno ciondolante assestava i colpi, quando si spalancò quella porta mai chiusa; erano gli agenti dell’FBI che entrando gli ordinarono gli arresti con l’accusa di resistenza agli ordini alle volontà e ai consigli altrui, in parole brevi di renitenza, per non aver dichiarato i suoi spostamenti.
Lui era sempre stato in verità un sovversivo, schivo alla politica, un passo del suo libro «Compagno di sbronze»
diceva chiaramente:

«La differenza tra dittatura e democrazia è che in democrazia prima si vota e poi si prendono ordini, in dittatura non dobbiamo sprecare il nostro tempo andando a votare.»

Lauren lo guardò mentre lo arrestavano e accarezzandolo in viso gli disse:

«Ci vedremo presto Charles»

Gli si leggeva in volto la tremenda incazzatura per quell’arresto, non tanto per finire dentro, quanto per aver lasciato a metà quella scopata.

Franco

Pubblicato da serenonotturno

Franco Pancaldi nasce e dimora nella provincia modenese dal 1962. Ricca di storia e nota per il saper vivere, ne assorbe i modi e cresce trasmettendo a coloro, che sono a lui vicino, il gusto di cogliere nella semplicità la bellezza insita in essa. Cultore della conoscenza del giusto, riesce attraverso un senso d'innata e spiccata attitudine, a svolgere mansioni manuali con estrema facilità. Lui stesso si definisce “un’anima libera” e continua a esserlo nelle sue diverse espressioni quotidiane di vita, allontanando e fuggendo quell’ombra che solo l’abitudine può dare. Sempre pronto a intraprendere nuove sfide si realizza attraverso un crescente bisogno di crescita personale. Il suo leitmotiv: “Conosco i miei limiti ma non me li pongo”.