Si ricordano di te

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Si ricordano di te
Ciao vecchio sono venuto a trovarti, ci sono riuscito attraverso i ricordi di altri. Perché è sempre così è sempre fottutamente e cazzutamente così.
Molti come me ti hanno vissuto e altrettanti ti hanno rosicchiato e spolpato fino all’osso.
Forse eri troppo buono, per invidia o perché… si sa bene come vanno queste cose, entri in un circolo vizioso entrando poi a far parte del girone degli esclusi. Ricorda nessuno ti ha dimenticato, anche se ti passano sempre di fronte ma non accennano a fermarsi. Hanno solamente paura di cadere nel ricordo fin troppo vivo di qualcosa di forte.
Sei stato di esempio a generazioni, perché nella tua casa entravano tutti, adolescenti e attempati, garbati e brutte bestie; ti aprivi e confrontavi, però eri svelto e capivi quando dovevano uscire perché rompevano il cazzo.
Io ero spesso da te quasi più che a casa mia, gli amici erano tutti la, persi tra una canna e l’altra, li conoscevo uno per uno, quello grosso col macchinone che caricava chiunque gli chiedesse un passaggio, c’era quello biondo con i capelli ricci e il due cavalli che quando entravi in quella macchina già eri sballato da subito. Ricordo tutte le auto, i movimenti e le persone e giuro cazzo ho ricordo della scena come fosse oggi mentre entravo, l’odore di moquette e sigaretta in ingresso, quei signori che poi diventeranno nostri complici perché facevamo i ruffiani con loro all’entrata. Facevo fatica a volte per varcare la soglia e venire da te, perché tutti ti volevano bene e arrivavano addirittura con le corriere. Sii fiero di te stesso anche se ora sei tristemente all’angolo e come ogni vecchio non sanno che farsene di te. Io ti devo molto, il grande Lucio veniva da Bologna e suonava il suo clarino. Lui ti deve tanto, la mia adolescenza sei stato tu, un nonno una mano ferma che mi ha fatto rischiare tanto, perché allora si salvava chi usava la testa, non come ora che è pura questione di culo. Questa la devo raccontare: quella mattina era presto, come tutte le mattine passavo di là e da lontano vidi un cielo scuro scuro davanti a me, eri tu, porta puttana eri proprio tu, arrivato vicino, cercavano di salvarti ma ti stavi lasciando cadere stanco sulle tue colonne, quel crepitio, quella moquette e quell’odore acre diverso troppo diverso da quello delle cicche. Da quel giorno ti sei lasciato andare vecchio cazzuto, ora sei dimora di usurpatori e senza dimora, ancora una volta accogli tutti, perché tu eri e sei buono anche nell’indifferenza.
Grazie per avermi fatto conoscere le persone, di avermi dato storie con le ragazzine, di avermi aperto gli occhi sulla vita.
Franco

Con l’emozione nell’anima, voglio dire graze al giornalista della Gazzetta di Modena Giovanni Balugani a cui ho preso le foto sul web, perché contribuisce al ricordo di qualcosa che non può essere dimenticato.

Pubblicato da serenonotturno

Franco Pancaldi nasce e dimora nella provincia modenese dal 1962. Ricca di storia e nota per il saper vivere, ne assorbe i modi e cresce trasmettendo a coloro, che sono a lui vicino, il gusto di cogliere nella semplicità la bellezza insita in essa. Cultore della conoscenza del giusto, riesce attraverso un senso d'innata e spiccata attitudine, a svolgere mansioni manuali con estrema facilità. Lui stesso si definisce “un’anima libera” e continua a esserlo nelle sue diverse espressioni quotidiane di vita, allontanando e fuggendo quell’ombra che solo l’abitudine può dare. Sempre pronto a intraprendere nuove sfide si realizza attraverso un crescente bisogno di crescita personale. Il suo leitmotiv: “Conosco i miei limiti ma non me li pongo”.