Nulla volli sapere

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Nulla volli sapere
Potevo nascere diverso, forse era chiedere troppo o troppo poco.
In realtà diverso da chi o da cosa. Alla fine essere se stessi ripaga per il semplice fatto che non pensi all’ultima risposta per paura di sbagliare. L’istintivo le sa le risposte, perchè lui è così. Cosa naturale, affare di pochi, il dna non mente. Puro rapido istintivo. Era li che cadeva l’uomo: sull’istinto. Gli altri vanno a mucchi insieme e nessuno contro, facile non sbagliare, eppure andare avanti in quel senso alla fine si sbaglia tutti assieme. Bella figura. Le donne le conosco per quel che posso, per il resto ci si ingegna a comprenderle, danno tanto e ricevono poco. Quando ricevono è per lo più nel modo sbagliato. Per questa ragione sono contro l’8 marzo. Sono solo scuse per togliersi un fardello. L’ideale sarebbe riconoscere i giusti meriti. Franco

Sereno Notturno

Contro l’8 marzo

Lea Melandri, saggista
8 marzo: le mimose lasciatele sugli alberi. In casa, dopo un po’, fanno cattivo odore.

Chissà perché la ricorrenza di un evento luttuoso – quale è stato storicamente l’8 marzo – è diventata, prima la “giornata” e poi “la festa della donna”.

Per anni ho costretto me stessa a darle un senso, più che altro per il rispetto dovuto a tutte le associazioni, gruppi femminili e femministi che avrebbero preso quell’occasione per incontri e dibattiti su temi di comune interesse.

Oggi, di fronte ai rimasugli penosi che escono dalle radio, dalle televisioni e dai giornali, di quella che pervicacemente, vergognosamente resta la “questione femminile” – le donne considerate alla stregua di un gruppo sociale svantaggiato o come un “genere” da uguagliare o tutelare sulla base dell’ordine creato dal sesso vincente – ho un desiderio forte e deciso:

che non se ne parli più;

che nessuna data venga d’ora innanzi a fare da velo a uno dei rapporti di potere che oggi, molto più che in passato, appare scopertamente come la base di tutte le forme di dominio che la storia ha conosciuto, nella nostra come nelle altre civiltà;

che si dica con chiarezza che non di “cose di donne” stiamo parlando, ma dell’idea di virilità che ha deciso dei destini di un sesso e dell’altro, della cultura – e della storia che vi è stata costruita sopra, nel privato come nel pubblico;

che gli uomini si prendano la responsabilità di interrogarsi sulla violenza di ogni genere perpetrata nei secoli dai loro simili, e che lo facciano, come hanno fatto le donne, partendo da se stessi, consapevoli che solo indagando a fondo nella singolarità delle vite e delle esperienze personali possiamo scoprire le radici di una visione del mondo che ci accomuna, al di là di spazi e tempi.
Non sono pregiudizialmente contraria alle ricorrenze ma vorrei che, senza storpiarne o banalizzarne il significato, diventassero per tutti un momento di riflessione: ossia di riconoscimento degli interrogativi che vi sono connessi e delle aspettative di cambiamento che da lì si possono aprire.

Non è stato così per l’8 marzo, che ha visto un tema di primaria importanza per la crisi che stanno attraversando la politica, l’economia e la civiltà stessa – la relazione tra i sessi, la divisione sessuale del lavoro, la dicotomia tra privato e pubblico, natura e cultura, eccetera – restringersi progressivamente a pochi scampoli rivendicativi dettati dall’endemica “miseria femminile”.

A quante mi obietteranno che così si toglie un’opportunità di portare allo scoperto, sia pure per un giorno solo, il faticoso lavoro carsico del movimento delle donne, rispondo che può essere, al contrario, la spinta per creare da noi stesse le occasioni di incontro che ci servono, senza attendere che ce le offrano altri, con un mazzetto di mimose.

Pubblicato da serenonotturno

Franco Pancaldi nasce e dimora nella provincia modenese dal 1962. Ricca di storia e nota per il saper vivere, ne assorbe i modi e cresce trasmettendo a coloro, che sono a lui vicino, il gusto di cogliere nella semplicità la bellezza insita in essa. Cultore della conoscenza del giusto, riesce attraverso un senso d'innata e spiccata attitudine, a svolgere mansioni manuali con estrema facilità. Lui stesso si definisce “un’anima libera” e continua a esserlo nelle sue diverse espressioni quotidiane di vita, allontanando e fuggendo quell’ombra che solo l’abitudine può dare. Sempre pronto a intraprendere nuove sfide si realizza attraverso un crescente bisogno di crescita personale. Il suo leitmotiv: “Conosco i miei limiti ma non me li pongo”.