Ci sono percorsi che non riuscirai mai a capire, fino a quando in mezzo al mare scopri di non saper nuotare.
Osservo
Perché, diceva l’onesto servo, in realtà devi far finta di non osservare nulla. Solo allora estraniandoti puoi controllare i gesti e le parole di chi incautamente incappa nella superficialità. Sempre gli stessi gesti, ma solo in quelle occasioni che poi si rivelano col senno di poi frutto di scelte…
Che dire affermò lo stolto servo, scontata ogni mossa.
Franco Pancaldi
Alla corte del re Ano
L’uomo del destino doveva correre, e non fermarsi, perché quello era il suo cammino. Tra le siepi nude di quell’interminabile inverno gelato. Attingeva deboli sorrisi e tremanti inquietudini.
Si guardava in giro spaurito come se quel tempo buio non finisse mai, poi giù di nuovo a correre contromano come suo pretesto di una vita Quel giorno sapeva terminava l’inverno e sulle minute valli spuntavano i sorrisi di chi nudo aspettava il tempo clemente per uscire allo scoperto. Nudo nell’anima, soprattutto nel corpo. Intirizzito dal freddo e con la pelle grinza, scorse una donna nel suo adamitico costume, li tremante davanti ai suoi occhi, con le mani a coprirsi il corvino pube spessorato da labbra avide di lussuria. Quelle si aprivano allo sfiorare del corpo, quelle vivevano di ogni ruvido sfregamento e venivano copiose di liquido profumo. Con in cima quell’organo erettile femminile che svettava con la bandiera del piacere sempre pronto, a far da spartiacque a quelle fosse orgasmiche. Sapendo o intuendo quel che da li a poco avrebbe fatto breccia tra le pieghe.
Eppure si sbagliò…
Certo l’entrata trionfale in tutto il suo turgore di lui, sesso prominente e sicuro conoscitore di cotanta bramosia, aveva reso semplice il veloce divaricare di quel culo tondo e sodo, al punto che dal forte piacere veniva a essere confuso con il primo pertugio. In quel momento lieve il sussulto, ma a testa bassa e prendendo una piccola rincorsa svirgolò come un porco alla monta, e in un batter di ciglio eccolo alla corte del re Ano. Quasi non si rendeva conto di essere in quella stretta via, ma col passare dei minuti la sentiva allargare e con enfasi sprofondava ancor di più, per poi uscire a prendere una boccata d’ossigeno invernale. Le pieghe ancora aperte, quasi incredule osannavano ancora il suo trionfale ingresso e non se lo fece ripetere un’altra volta. Un attore di teatro acclamato dal suo pubblico lo incitava a tirar su il sipario e rientrare nel pertugio, una, due, tre. infinite volte, e quel canale sembrava un lago, dove sempre più veloce ne percorreva le onde del piacere. Preso in contromano stava per essere risucchiato, ma abile com’era invertì la rotta per esplodere in quel lento e inesorabile naufragio. Nessuna scialuppa, corda o arpione, di un remo manco l’ombra. Si accovacciò e aspetto di uscire. In quell’istante poco distante da quell’anfratto una voce calda proveniva da quel paio di labbra destanti desiderio e lui non pago, ne assaggiò ogni essenza, rischiando d’annegare. L’inverno stava finendo alla corte del re Ano.
Franco
Perduti volti
Scissione è l’esatto contrario di fusione ed è questo che crea quel distacco che può essere voluto o passivamente forzato.
Mi vien da pensare a coloro i quali si allontanano dalla loro nazione perché in guerra o perché non avrebbero un domani da poterlo raccontare. Penso anche alle divisioni di un partito in due schieramenti con stessi ideali.
Le divisioni di quei bambini dal nucleo familiare violento e in tutti casi qui sta la loro fortuna. Mi soffermo pure sul distacco lavorativo e credetemi non è da meno, specie se portato avanti da sempre sull’onesta amicizia e sulla sana complicità, forse quel collante che unisce pensieri e ragioni e regioni diverse, ma basato sulla voglia di unione. Questo è stato e questo mi viene a mancare, perché si sa sono un maledetto duro con la scorza tenera.
E anche a te che mi hai detto “Purtroppo sono abituato ai distacchi” dico che quei sorrisi e quei momenti fanno crescere.
Franco
Gradisci… ti offro il fiore della fantasia
Quello che sbuca dalla terra arida o dal ciglio della strada
Che si agita al passare delle auto
Non muore ma si adegua alle asperità del mondo
Assorbendone i pianti di passanti consapevoli
I quali calpestandolo pensano di liberarsi per sempre del suo colore.
Gradisci ti offro un pensiero che sta al margine di quel fiore
Sarà per sempre un ricordo di ciò che penso, che vivo, che mi fa vivere.
Certo solo se lo vorrai potrò regalartelo
Non tutti gradiscono qualcosa che non fa rumore
Che si nutre d’aria
Pieno di colore e di vita da insegnare.
Non posso condividerlo se non con chi mi ha insegnato a alzarmi la mattina
Andare a letto la sera
Ora questo fiore se proprio lo desideri
Devi ricordarti di passare a fargli visita
Ogni giorno in quella strada.
Io non lo sradico
Lui è li per essere vita e non per essere calpestato da nessuno.
Franco
Indecente e sofisticata analisi
Non è il clima che rende pensieri vaneggianti. Nemmeno un ricordo triste che aleggia di tanto in tanto. Tanto meno rimanere soli, a quello si rimedia con la musica per mettere armonia. Già e poi il clima cambia i pensieri pure e la musica diventa rumore. Tu invece sei sempre tu, con quel fottuto tarlo dell’esistenza e qualcuno che ti dice: “cazzo lui si è uno di compagnia”. In fondo forse siamo tutti così, bisognosi di trasgressione da quella vita che tutti ti vogliono appropriare e da cui io voglio fuggire a occhi chiusi, dentro quel pensiero che molti anno e pochi applicano: Essere se stessi.
Franco
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