Libero

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Guardavo vibrare e vidi in lei uno strano accennare di delizioso tormento.
Quindi sfilai le dita e lei le leccò
Franco

Muoviti forte

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Muoviti forte
Quella è la carne che si bagna, quell’umido respiro che riga il percorso del piacere.
E tu che fai se non assecondare l’orgasmo.
Franco

Anima errante

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Manca sempre qualcosa nei tuoi pensieri affollati  Forse solo quella consapevolezza che ti può aiutare a pensare di essere un briciolo nell’immensa follia di quella folla.

Vivi le sensazioni e fai di tutto per respirarle come appartenenza, ma le senti distanti e tu quasi a disagio ti chiedi cosa sei e cosa fai in quel luogo, ma soprattutto se riesci ancora a emozionare con le parole, i gesti, gli sguardi o solo con i sorrisi.

Franco

Labbra socchiuse

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Labbra socchiuse
Il venditore di sogni, con l’illusione tra le dita e l’offuscato complice sguardo che scava dentro l’anima.
Eppure l’illusione della libertà di parola, miete vittime in chi abituato al silenzio rimane col pensiero tra labbra socchiuse.
Cosa pensa chi non prova nulla se non il rifiuto di qualsiasi sensazione.
Forse resta solo quel perduto essere infelice di sempre.
Franco

Biografia mentale

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Biografia mentale

La sicurezza era in quella forza urlata contro il cielo perchè si sentisse la voce, gli stessi silenzi rivolti contro al cielo perchè si capisse la volontà.
Una vita a guardare il cielo abbassando lo sguardo di tanto in tanto per accorgersi di ciò che passava nell’asfalto arido della vita.
Poi abbassando lo sguardo un’altra volta ancora si accorse di quanto fosse vicino il mare delle sensazioni.
Franco

Presa di coscienza

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Presa di coscienza
Nell’istante in cui ti fai mancare a te stesso, perdi contatto con i tuoi pensieri, pure però con la tua anima profonda.
Devi imparare a viverti ed essere ciò che vuoi.
Franco

Pensiero

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L’emozione forse dovrebbe essere aggiunta ai sensi. Così come per esempio l’invidia o altro
Una parola, una frase o semplici puntini di sospensione fanno intuire emozione.
Bel giorno

 

La sorpresa

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La sorpresa

L’inizio della scuola è spesso sinonimo di trasgressione per tante persone, inizia per gli amanti del genere quel periodo di violazione delle proprie “abitudini” rivolta alle famiglie distrutte.

Un titolo forse scontato:

«Ciao ci vediamo in mattinata?»

Un ipotetico messaggio di lei, media età, al cellulare di lui.

«Non vedevo l’ora cominciasse la scuola, prima non avevo un attimo di tempo e quel poco che ci si vedeva non mi bastava.
Domani in mattinata sei al lavoro o riusciamo a incontrarci?»

La risposta non si fa attendere troppo nel display del cellulare.

«Ciao folle donna vogliosa, in realtà porto mia figlia a scuola e poi ho un appuntamento alle 11, quindi ci possiamo vedere.»

Lei
«Magnifico al limite facciamo colazione al bar, così ti mostro pure la Opel rossa col tettuccio bianco che mi ha regalato mio marito.»

Lui
«Ottimo allora alle 8,30 al bar, dimmi quale!»

Lei
«Quello un po’ più appartato, appena fuori dal paese sulla sinistra»

Lui
«Ok ci becchiamo al bar, sapessi che voglia.»

Tutto il pomeriggio e la sera stessa aspettando il mattino seguente.
Il giorno dopo davanti al bar si ferma la Opel rossa col tettuccio bianco e scende un uomo con la barba, sembra piuttosto ansioso dell’incontro programmato. Sta per aprire la porta e entrare al bar, quando sente subito dietro una voce femminile.

«Ciao ma noi ci conosciamo bene, i nostri figli sono in classe assieme, per l’amor di Dio, dimmi che non è vero, pensavi veramente di telefonare a mio marito? Cos’è una vostra fantasia che tu ti finga una donna e poi in realtà scopate insieme? Cazzo, siete due omosessuali, io già ero inviperita nel voler scoprire la tresca di mio marito, finalmente ero riuscita a fottergli il suo cellulare… ma questo porca puttana non lo posso sopportare.»

Lui rimane con la salivazione azzerata e con quel poco di fiato che trova le fa un piccolo sorriso e esclama:

«Non è come pensi»

In conclusione si deve stare attenti, perché alle volte ciò che si pensa non è il male minore.
Franco

Henry Chinaski

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Henry Chinaski
Stanco sudato e tramortito con addosso l’umida canottiera che dava odore di lezzo, sbavata e lurida dai rivoli di saliva che gli scendevano dagli angoli della bocca. Rimasto così, con i pantaloni abbassati, quasi al ginocchio e quelle luride mutande gialle che sapevano di piscio raffermo, in una mano un bicchiere appiccicoso e vuoto, dall’altra la bottiglia che toccava il pavimento sporco, macchiato e opaco, forse così da alcuni anni, viveva in quella squallida casa della Pennsylvania, sapeva di essere un alcolizzato puttaniere. Quelle donne squallide, sembravano felici di questo suo stato, fottevano abbandonandosi e sprofondando in quel bassissimo e umido divano ancora intriso dalla scopata precedente, ma a lui che cazzo gliene fotteva in fondo. Quella era la sua vita, quelle le sue regole. Perennemente in lite col figlio del vicino che urlava a squarciagola di non volerlo come vicino:

«Maiale mi stai discriminando, lurido pezzente figlio della società»

Quella stanza aveva più le sembianze della discarica che di una vera abitazione, non sapeva nemmeno, se i quadri sghembi, mentre li guardava fossero stati messi sempre così, adattati al passare del tempo o fosse solo la sua vista appannata dai fumi di whisky. Aspettava lei, insonnolito e sdraiato stile bradipo con la barba dello stesso colore della nicotina schifosa, il fumo e l’alcool erano di casa sin dall’età di tredici anni. Che lei arrivasse o no a lui non cambiava molto, forse sarebbe stata una chiavata persa e quella sua sborra l’avrebbe tenuta per quella che veniva dopo.
Suonò puntuale al campanello, ma la porta come sempre era aperta, nessun lucchetto, chiave o altro, chi poteva mai mettere piede li dentro, nemmeno uno di quei tanti mendicanti che ogni tanto incontrava ai bordi della metropolitana.
Girò la testa in direzione della porta, a fatica ci riuscì ancora appiccicata dal sudore al divano, e con un tono tranquillo esclamò:

«Versati da bere, il bicchiere deve essere li da qualche parte, se non lo trovi ti lascio questo»

La faccia schifata di Lauren alla sola vista del bicchiere, le fece avere un fremito, appoggiò la borsetta sul tavolinetto ai piedi del divano e lo guardò, mentre lui sbuffando:

« Sei ancora vestita!»

Lei non poteva amarlo, era una semplice puttana, in fondo però trovava qualcosa di particolare in lui, cose che si dicevano prima e dopo aver scopato, nonostante quel carattere burbero e dispotico, lei era sempre li, quasi lo cercava.
In fondo lei era una baldracca e come confrontarsi con lui era l’ultimo dei suoi problemi. Svelta gli era arrivata quasi attaccato alla barba con la sua fica pelosa e quell’odore acre e forte che si mescolava tra la lingua di lui e le labbra della fica di lei, spingeva con maggior vigore contro la sua bocca, poi di colpo lui la fece scendere e lei cominciò a cavalcare forsennatamente, senza sosta, con quel poco fiato che lui aveva dai residui dell’alcool e ancora con la sigaretta sulla mano destra, le intimò:

«vai, cavalca lurida cagna»

Il 22 Luglio 1944 piena seconda guerra mondiale

Era quasi giunto il momento di godere, il sudore gli imperlava il volto e lei con il seno ciondolante assestava i colpi, quando si spalancò quella porta mai chiusa; erano gli agenti dell’FBI che entrando gli ordinarono gli arresti con l’accusa di resistenza agli ordini alle volontà e ai consigli altrui, in parole brevi di renitenza, per non aver dichiarato i suoi spostamenti.
Lui era sempre stato in verità un sovversivo, schivo alla politica, un passo del suo libro «Compagno di sbronze»
diceva chiaramente:

«La differenza tra dittatura e democrazia è che in democrazia prima si vota e poi si prendono ordini, in dittatura non dobbiamo sprecare il nostro tempo andando a votare.»

Lauren lo guardò mentre lo arrestavano e accarezzandolo in viso gli disse:

«Ci vedremo presto Charles»

Gli si leggeva in volto la tremenda incazzatura per quell’arresto, non tanto per finire dentro, quanto per aver lasciato a metà quella scopata.

Franco

Dall’archivio

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Ti avevo detto aspettami e arriverò
era quella voglia irrefrenabile del mio contatto
nemmeno il tempo di accendere la luce e ti ritrovo con l’unica cosa indosso.
Le sfili dolcemente con le ginocchia ranicchiate e me le porgi…
mostrandomi i petali fioriti e il tuo bocciolo carico di voglia.
Sussulto all’istante e fremi nel vedermi.
Franco ♥Intrigo♥

Diario 12 Settembre 2015

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Diario 12 Settembre 2015

Tranquillo vorresti solo cambiare te stesso, perché poi dovresti farlo se già sei te stesso. Con i tuoi perché, le tue considerazioni, la tua testardaggine, le tue consapevolezze. i tuoi sorrisi, a volte smaglianti altre volte cupi dai pensieri.
Fortemente carico di autoironia, quella stessa che ti ha portato avanti fin qui.
Alla fine ti vai bene così perché hai una cosa importante: «La vita» La stessa che tanti buttano via per un sorpasso azzardato dopo aver bevuto troppo, per una cazzata, la più impensabile cazzata del mondo come il desiderio d’adrenalina che trovano in una siringa.
Molti farebbero a meno di quella siringa, ma sono costretti loro malgrado a farsi iniettare il contenuto, e non per gioco o stupidità, solo perché è l’unico rimedio a una probabile guarigione.
Quindi guardati e sii felice, goditi ogni attimo in cui puoi avere la lucidità di farlo.
Quella è vita e non buttarla in un cassonetto perché non esiste un contenitore per le occasioni perse.
Franco

Diario 10 settembre 2015

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Diario 10 settembre 2015

Ero piccolo, i maestri m’insegnavano come affrontare gli studi e la vita.

Ricordo ancora quei libri con i quadretti di cinque millimetri e a fianco una farfalla stilizzata che via via prendeva forma da un quadretto all’altro, i maestri mimando il disegno ci indicavano di riprodurlo il più uguale possibile. Calcando con mano pesante quasi tagliai il foglio, ma iniziavo fiero la mia prima opera della vita. Poi quelle aste disegnate sui fogli, sembravano tanti soldatini in fila che aspettavano il comandante per mettersi in marcia, i maestri con quelle ci insegnavano a contare. Che belle quelle recite in palestra con i grembiuli neri per i maschietti e bianchi per le femminucce con quei calzini bianchi che traforavano la pelle, tutti quanti puliti in ordine guardavamo la maestra che intonava le canzoni dandoci il la… Con noi in classe c’era un bimbo orfano, ospite dell’asilo delle suore, tutte le mattine lo portavano in classe, insieme ad altri bimbi, anche lui pulito e ordinato. Non c’era cattiveria in noi bimbi, solo tanta voglia di stare insieme; la nostra smania c’era per carità e pure troppa, ricordo l’espressione guardando quel vaso di pesci rossi che si ruppe sotto gli occhi della maestra quando io ci presi contro, le cure mentre raccoglievamo il pesciolino per metterlo poi in un bicchiere. Fortunatamente respirava ancora.

Quei giorni in cui a turno si andava dietro la lavagna in castigo, perché allora c’era e non era fissata al muro, non sapevamo ancora che sarebbe arrivata la lavagna interattiva; ora mi immagino i bimbi che a fianco della lavagna usano il mouse wifi.

Ma le lezioni di vita continuavano.

Il primo impatto con i professori, alle medie fu una sensazione strana. Li vedevo autoritari, burberi e cupi… eppure erano solamente i nostri professori che continuavano quel percorso per formare il nostro carattere. Erano sempre presenti qualunque cosa chiedessi o chiedessero gli altri miei compagni. Vedevo questo periodo molto duro, perché la preparazione alle superiori era importante. Iniziavano in quel periodo i primi sguardi alle compagne di classe, quei bigliettini passati ai compagni per farli arrivare a lei, si chiamava Paola ed era la figlia del prof di disegno, un bravo scultore e pittore conosciuto in zona. Lui non aveva piacere di questo conflitto d’interessi tra l’essere insegnante e padre, ricordo ancora quel cancellino che bonariamente, diceva lui mi tirava. (allora erano fatti di legno)

La vita continuava a insegnare

Passavano gli anni e quella vita ti teneva la mano, e poi rallentava e rimaneva indietro cercando di capire se riuscivi a camminare da solo. Quella vita puttana mi faceva sbandare, cadevo e mi rialzavo con le ginocchia sbucciate, fiero però di tornare a camminare da solo. Quella vita era lì e aspettava un gesto, un passo falso, sapeva sarebbe arrivato e lei sorniona se la rideva. Alcune compagnie sbandate perché quelle mettevano adrenalina, l’adolescenza era una palestra di vita e dietro l’angolo c’erano le insidie.

Le sventai tutte.

La vita mi tenne la mano anche li.

Nonostante la chiamassi puttana e io sbandassi da una situazione all’altra, lei era presente e non percepivo ancora se fosse affezionata a me o se le facessi così tanta tenerezza da tenermi bonariamente al suo fianco.

La verità è che non poteva tenerti per sempre attaccato alla sua gonna, quel cordone ombelicale si doveva tagliare e quei passaggi della vita: genitori, maestri, professori, amici o coloro che provavano a deviare la retta via si doveva dividere.

Le gambe erano pronte e allenate, la testa sulle spalle e si poteva benissimo saltare i fossi alla lunga.

Sentivo però sempre quel fiato sul collo, non capivo fosse lei a proteggermi o la mia coscienza in apprensione per le mie scelte.

Sempre ponderate, sin troppo forse…

Cosa restava degli insegnamenti di quella puttana, non avevo percepito proprio nulla o mi ero illuso d’averli capiti!

Col passare del tempo erano diventati sorrisi spenti; dove accidenti era sparita quella felicità così evidente prima! Forse quella puttana aveva costi troppo alti e non mi potevo permettere altri insegnamenti.

Forse pretendevo troppo da quella vita baldracca, in fin dei conti perché dovevo essere diverso dagli altri, le regola di vita di tutte le persone era ed è racchiusa in una parola: “Abitudine” Cazzo, io mi ero accorto tardi che quelle abitudini portavano al suicidio dell’anima.

I maestri stessi insegnavano a non abituarsi mai ai bei voti, ai pochi compiti e alle promozioni.

Dentro la loro anima in fondo albergava la conoscenza.

Per questo ora, chiunque accenni a quella parola fa scattare in me un istinto di protezione che non vuole essere ossessione ma pura consapevolezza di non voler mai più avere a che fare con quell’abitudine.

Forse si migliora con la consapevolezza…

Franco

Zibello 26/27 Settembre

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Questo il programma per il 26/27 Settembre a Zibello. Le date giuste sono quelle scritte sopra.

Uno spazio sarà  riservato anche a “Attimi infiniti”

Ci saranno anche gli autori presenti e nel mio piccolo pure io, quindi vi aspettiamo insieme si ragazzi in provincia di Parma, così ci conosceremo e ci divertiremo insieme.

Franco

Volto nuovo

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Volto nuovo
Una cosa saggia è quella che ti fa preferire un piccolo pensiero di poche parole al posto di proferire lunghe riflessioni che di nulla sanno. Per questo basta forse dire:
“Un giorno nuovo nasce sullo strascico di azioni. Solo la notte sarà giudice delle scelte”
Franco

Frasi

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Quando lui sussurrava parole, la sua carne si sciolse in gocce di tormento e le dita sentirono quel gran destare di piacere. Colava tra le cosce mentre frenetica ne consumava l’orgasmo.

Franco

Da piccolo volevo un camion

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Molti sognano come bambini ma pieni di desideri da adulti, altri pensano di poter sognare ma non hanno lo spirito dei bambini stessi.

Forse sarebbe il caso di vivere solamente.

Franco

“La preda” di Franco Pancaldi

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Il ritorno dalle vacanze, per molti è quasi un’abitudine, le “abitudini” sono deleterie, si deve sempre trovare l’alternativa e la lettura è una valida terapia allo stress.
Sempre più felice leggendo Amazon che il racconto sia piaciuto, al di là di tutto la cosa importante è che arrivi qualcosa e questo sia di gradimento, anche solo per mezz’ora, quel tanto che serve ad archiviare un momento e renderlo diverso da altri.
Quindi vi aspetto per scaricarlo direttamente da questo sito è il numero 7 “La preda”
Buona lettura da Franco

Attimi Infiniti-Le pubblicazioni

http://attimiinfiniti.altervista.org/archivio/n7.html

 

La preda
Quando a Stephan viene affidato l’incarico di indagare sullo strano rapimento di una ragazza implicata in un giro di prostituzione, teme che le sue perverse abitudini vengano a galla. La denuncia è partita da Charlette, un’intrigante istruttrice di aerobica che sotto la copertura di una palestra gestisce un giro di ragazze in appartamento. Stephan la conosce bene e sa che è l’unica testimone che possa incastrarlo nell’omicidio, avvenuto qualche mese prima, della giovane Isabel e, appunto, del rapimento di Marisol; decide quindi di eliminare, con l’involontaria complicità della polizia, la scomoda testimone. Attraverso la ricerca di una circostanza favorevole si imbatte in una serie di situazioni in cui però non riesce ad attuare il suo piano criminale, ma gli svelano i retroscena della bella e disinibita Charlette: festini a luci rosse, incontri lesbo e giochi a tre. Come un cacciatore attende paziente il momento propizio per colpire l’ignara vittima ma quando questo arriva gli riserva un’imprevedibile sorpresa.