Ci sono percorsi che non riuscirai mai a capire, fino a quando in mezzo al mare scopri di non saper nuotare.
Trofei rimasti nella nostra mente
Ti è mai capitato di fermarti e pensare a quante cose avresti potuto fare e che non sei riuscito per pigrizia o per fretta, forse perché magari non le ritenevi giuste o valide. Quante invece quelle che avresti voluto dire e ora non puoi perché sono cambiati i momenti o le occasioni. Magari a tua madre in un’occasione qualunque. Uno sguardo o un abbraccio senza in effetti ci fosse una valida motivazione, andandola magari a trovare a casa. Pensi mai a quante volte lei potrebbe aver scelto di dirtele ma tu uscivi frettolosamente dopo una lunga giornata di lavoro; vale la pena correre e non fissare sguardi e frasi di chi ti vuole bene? Non deve per forza essere uno sguardo del genitore, vale la stessa cosa per un amico, un collega, chi ti sta o stava vicino. Non esiste un tempo per fissare un sguardo, forse solo la volontà di farlo, in fondo non facciamo mai la stessa cosa rispetuta nello stesso istante e questo fa parte dello scandire della vita. Poi ci si pensa perché noi siamo fatti di emozioni mancate e mai riusciremo a colmare. Franco
“Questa non me la racconti giusta” disse lui, in quella sera afosa tanto che la pelle rimaneva appiccicata per contatto a qualsiasi cosa si potesse anche solo sfiorare.
“Tutto questo deve avere uno scopo, ti conosco bene” continuava l’uomo, mentre io nell’altra stanza dovevo stare in silenzio, perché questo era il desiderio di Mirna, questo mi aveva chiesto e volevo esaudire un desiderio. Sentivo ogni frase, ogni sussulto mentre io con le mani legate alla sponda del letto, in penombra mi guardavo, nudo come un verme con il paradosso però di trovarmi a cazzo duro.
Lei lo riempiva di moine, di paroline dolci e lui sempre più smanioso, veniva trascinato nella stanza bendato.
Ora la vedevo e mi eccitavano le sue forme di quel corpo nudo, coperto da una sottoveste blue elettrico, ne intravedevo le labbra e il segno del culo tondeggiante. Si voltò e mi guardò passandosi un dito sulle labbra facendolo scendere lungo il ventre. Arrivò li… con le dita tra le cosce e le inzuppò colma di piacere, dando quelle dita a lui da assaggiare. Lo mise in ginocchio e si sollevò la sottoveste, lui leccava e teneva il suo fallo in mano. Così la stronza gli tolse la benda e lui si trovò a masturbarsi sbigottito. Nello stesso tempo guardava me legato a cazzo dritto e lucido.
Ok ragazzi… trovate il modo di fottermi è mettendoci uno da una parte e uno dall’altra cominciò ad andare su e giù con le mani sui nostri membri. Lei a cosce aperte, aveva le labbra così dischiuse che un rivolo di piacere le scivolava sul lenzuolo. Li voleva tutti e due, smaniosa di godere com’era, pensava al culo e alla fica, quasi noi dovessimo giocare a una sorte di gioco per sapere dove metterglielo.
Facile pensare chi si sarebbe eccitato di più, difficile sapere chi avrebbe voluto smettere.
Quella sera era il suo gioco…
Franco
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