Rilettura in silenzio
Quell’uomo si appoggiava spesso al davanzale dei ricordi. Chiudeva gli occhi e aprendo bene le narici ne aspirava profumi e sensazioni.
Cambiavano gli odori e urtavano il timore dei ricordi.
Un bambino poteva rifugiarsi sotto il tavolo per scappare, quell’uomo era in una stanza senza tavoli e sedie, pareti bianche ovattate, dove i rumori tornavano al mittente. Non sentiva nulla provenire dall’esterno e nessuno sentiva il suo lamento.
Lo trovavano spesso rannicchiato intento a dondolarsi ridendo da solo come in una sorte di frenesia isterica dovuta al fumo di una canna. Non era in preda a una fumata in penombra, aveva da sempre il desiderio di sentirsi fuori dal coro e lontano da chi pensava sempre nella stessa direzione. Uomini senza una propria visione, un’idea, un espediente per uscire dall’anonimato di persone perfette.
Impeccabili per chi, forse per il fottuto genere umano che fotocopia immagini e le distribuisce a chi senza una propria idea sfrutta la volontà altrui.
Non è nulla di triste, le riflessioni non lo sono maii.
Io le chiamo “matriosche dell’anima.
E’ già tanto averne una salda e desiderosa di cieli con l’arcobaleno. Franco